I processi rieducativi nelle carceri. La doverosità di un chiarimento afferente ai ruoli degli operatori coinvolti.

Da più decenni l’opinione pubblica è influenzata da processi di informazione distorsivi della realtà penitenziaria italiana.  Il focus dell’attenzione dei media difficilmente viene puntato sul ruolo perno delle attività di osservazione e del trattamento rieducativo, vale a dire sul Funzionario Giuridico-Pedagogico.  Quando Stampa e reti televisive si occupano di argomento penitenziario, anche afferente ai processi di rieducazione in carcere, raramente fanno riferimento agli operatori sopra indicati.   A fortiori sconfortano i discorsi dei vertici dell’amministrazione, politici ed amministrativi, i quali, nelle pubbliche occasioni tralasciano ringraziamenti, per l’impegno e la professionalità, rivolti ai Funzionari Giuridico-Pedagogici.   Già dal punto di vista nominalistico emerge la disinformazione sul ruolo e sui compiti di tale funzionario penitenziario. Dal 2010 tale operatore penitenziario, in ragione della estrema complessità e della varietà dei compiti, nonché della pregnante importanza degli interessi pubblici in gioco (la rieducazione dei condannati, l’umanizzazione della pena, la tutela della società libera) e della tipologia dell’utenza (soggetti adulti condannati per la violazione del patto sociale), non riveste più il nome di educatore ma di Funzionario Giuridico-Pedagogico.  L’operatore citato ha un ruolo centrale nelle attività di osservazione e risocializzanti dei condannati adulti e la denominazione del 2010 ed ancora attuale, rende giustizia alla complessità e specificità del ruolo stesso. Eppure si continua da più parti ad evocare il vecchio nome di educatore, quasi a volere sminuire la particolare specificità del ruolo sopra delineata.

Invero su tale operatore grava buona parte della responsabilità della restituzione alla società libera o del mantenimento in carcere dei soggetti condannati e ristretti in carcere. E proprio i Funzionari Giuridico-Pedagogici provvedono a fronteggiare le recriminazioni dei detenuti nei casi di frustrazione delle loro aspettative. Va soggiunta la pari delicatezza del compito della rilevazione dei più svariati bisogni dei ristretti. Il Funzionario Giuridico-Pedagogico registra e cerca di alleviare il pesante disagio, la sofferenza di soggetti che vivono, quali soggetti privati della libertà personale e posti in una istituzione totale, condizioni di deprivazione e spersonalizzazione.  Ad oggi, quanto non a conoscenza dell’opinione pubblica è invece notevolmente chiaro alla popolazione detenuta. I ristretti sanno che l’operatore che cura l’esecuzione dei compiti sopra esplicati e che ha un ruolo centrale nella valutazione dei percorsi rieducativi nonché nella stesura degli atti di osservazione da inviare alla Magistratura di Sorveglianza per la concessione dei benefici, è proprio il Funzionario Giuridico-Pedagogico. I soggetti ristretti sono anche consapevoli che tale funzionario rappresenta, da diversi anni, l’ “anello debole” della catena nello scenario degli operatori istituzionali che operano stabilmente in carcere. Già, un “impiegato civile”, come tanti delle altre Pubbliche Amministrazioni, ma che cura interessi della massima importanza nell’esecuzione penale in carcere. Ed infatti non sono rare le minacce, non sempre tanto velate, o financo le aggressioni, con destinatario un Funzionario Giuridico-Pedagogico. Eppure nessuna pubblicità a tali episodi. Inoltre, nel corso degli anni, le condizioni di lavoro di per sé usuranti e complesse sono rese più difficili dall’affievolimento del contributo dei Funzionari di Servizio Sociale, impiegati in misura sempre maggiore nell’applicazione dell’istituto della messa alla prova.
 

Ad oggi il sistema penitenziario attraversa una parentesi critica. Si avverte oggi più di prima la necessità di porre in atto interventi di competenza politica per favorire la declinazione delle straordinarie potenzialità dell’Ordinamento Penitenziario.L’A.N.F.T. – Associazione Nazionale Funzionari del Trattamento – che ricomprende diverse centinaia di Funzionari Giuridico-Pedagogici del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, ha sottolineato, in primis, la necessità di eliminare l’attuale assetto organizzativo dicotomico del personale che attende al trattamento penitenziario.La diversa appartenenza degli operatori penitenziari, da una parte gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, dall’altra i Funzionari Giuridico-Pedagogici (“impiegati civili” dello Stato), non ha facilitato la maturazione tra gli stessi di un senso di comune appartenenza ed il conseguente perseguimento di un’unica mission istituzionale, vale a dire del fine costituzionale della rieducazione del reo (art. 27 della Costituzione). Appaiono pertanto maturi i tempi affinchè il nuovo esecutivo, attraverso interventi di natura legislativa, ponga fine alla organizzazione dicotomica degli operatori penitenziari sui cui ambiti di interventi operativi grava la responsabilità di garantire un carcere più sicuro, ma anche più efficace sotto il profilo del reinserimento sociale del detenuto.

Il Vice Presidente ANFT Sergio Santoro

Il Funzionario Giuridico Pedagogico Rosetta Noto