Il coraggio di porre le fondamenta per una svolta culturale nella esecuzione penale intramuraria

Come noto in data 17.11.2020, il ddl 1754 S è stato l’incardinato presso la Commissione Giustizia del Senato, dando avvio ad un processo che, qualora si concludesse con l’approvazione della proposta, consentirà di porre le basi per una svolta culturale finalizzata a conferire effettività alla funzione rieducativa della pena, a mezzo del riconoscimento di concreta intraneità al Funzionario Giuridico-Pedagogico nei processi gestionali degli Istituti Penitenziari e della contestuale razionalizzazione dell’assetto organizzativo del Corpo di Polizia Penitenziaria verso la sua sostanziale e concreta specificità.

Infatti anche per il Personale di Polizia Penitenziaria è prevista la partecipazione alle attività di osservazione e trattamento (art. 5 L. 395/90) e da ciò discende una particolare specificità del Corpo di Polizia Penitenziaria rispetto alle altre FF.OO. 

Da addetti ai lavori i Funzionari Giuridico-Pedagogici, già Educatori Penitenziari, constatano in una esperienza ormai ultraquarantennale, che la mancanza di un senso di comune appartenenza con gli operatori del Corpo determina mancanza di circolarità delle informazioni afferenti l’osservazione da ciascuno condotta e reciproche diffidenze che si traducono in un ostacolo insormontabile per l’efficace perseguimento della mission istituzionale, vale a dire il recupero sociale del reo.

Nasce quindi la veemente esigenza di procedere ad una razionalizzazione dell’assetto organizzativo del personale che cura le attività di osservazione a trattamento e, quindi di individuare uno strumento che favorisca la maturazione di un senso di comune appartenenza e di un sentito reciproco riconoscimento dei ruoli tra operatori di Polizia Penitenziaria e gli attuali Funzionari dell’Area Trattamentale, aspetti che faciliterebbero notevolmente la circolarità delle informazioni afferenti l’osservazione al fine di renderla efficace e di costituire una solida base per la formulazione di percorsi di recupero sociale che siano davvero individualizzati.

Occorre quindi aggregare nel Corpo di Polizia Penitenziaria un Ruolo di Funzionari tecnici portatori dell’istanza di recupero sociale del reo nondimeno  non incardinati nell’ordine gerarchico del Corpo stesso, giustapposti agli attuali funzionari di Polizia Penitenziaria e con mantenimento quindi della subordinazione gerarchica verso il solo Direttore di Istituto.

La proposta prevede quindi la creazione di un Ruolo Tecnico ad hoc, anomalo rispetto al classico modello di ruolo tecnico, che assorba i Funzionari Giuridico-Pedagogici (Educatori Penitenziari presso il D.A.P.) con uno statuto che garantisca la piena esplicazione del mandato di tale funzionario. Un ruolo tecnico di Funzionari del trattamento da giustapporre ai funzionari attuali del corpo, non vincolati rispetto a questi ultimi da alcuna dipendenza gerarchica ma legati da tale dipendenza solo con il Direttore di Istituto.

In tal modo si porterebbero all’interno del Corpo di Polizia Penitenziaria le condizioni per l’espressione e la valorizzazione dei diversi punti di vista sulla esecuzione penale intramuraria affinché le istanze coinvolte nell’esecuzione della pena abbiano il peso ed il bilanciamento voluto dalla nostra Carta Fondamentale, come interpretata dalla Corte Costituzionale

In atto il quasi totale schiacciamento della figura del Funzionario Giuridico-Pedagogico, portatore centrale dell’istanza di recupero sociale dei condannati, lascia intendere chiaramente quale possa essere l’attuale grado di effettività della funzione risocializzante della pena.

Gli importanti e dovuti riconoscimenti conseguiti negli ultimi anni dai Funzionari del Corpo di Polizia Penitenziaria, non accompagnati da analoga valorizzazione dei Funzionari di Area Trattamentale, hanno determinato tale pericoloso stato di fatto.

Questa associazione, quale ente esponenziale di addetti ai lavori (Funzionari Giuridico-Pedagogici già Educatori Penitenziari) che curano l’attività di osservazione dei condannati e degli internati ed attendono al trattamento rieducativo degli stessi, in ragione della evidente necessità di conferire maggiore effettività alla funzione risocializzante della pena in carcere, ritiene sia arrivato il momento i trovare il coraggio di varare una riforma che nella sostanza porti il modello organizzativo del personale che cura le attività di osservazione e trattamento nell’alveo dei principi costituzionali e delle disposizioni sovranazionali.

La proposta non creerebbe dei funzionari specializzati al servizio degli attuali appartenenti alla Pol. Pen. ma dei funzionari esperti del trattamento penitenziario da giustapporre agli attuali funzionari del Corpo al fine di consentire a questi esperti l’espressione  di un diverso  punto di vista e la valorizzazione  dello stesso in una prospettiva di organicità del contributo tecnico.

Si sottolinea inoltre che si porrebbero le basi per un processo di funzionale osmosi culturale-professionale che non potrebbe che accelerare il processo di umanizzazione della pena 

Trattasi di un modello necessario ed indispensabile per l’effettuazione di una efficace osservazione della personalità dei condannati, per l’approntamento di funzionali percorsi trattamentali, per una corretta rappresentazione alla Magistratura di Sorveglianza degli esiti del percorso effettuato dagli osservandie per il conseguimento della mission del reinserimento sociale.

Altro  che incardinamento gerarchico degli educatori penitenziari nel Corpo di Polizia Penitenziaria, altro che educatore poliziotto o educatore in divisa, altro che modificare un equilibrio (quello attuale) in linea con la Costituzione!!!!!

Il contenuto dell’articolato del ddl in parola mira infatti a modificare radicalmente i modelli gestionali attuali degli Istituti penitenziari ma nel senso opposto a quanto sostenuto in qualche nota divulgata in questi giorni. 

L’assorbimento dei funzionari giuridico-pedagogici infatti non avverrebbe nel più vasto Corpo di Polizia penitenziaria ma all’interno di ruolo tecnico non incardinato  nell’ordine gerarchico del Corpo rectius non sarebbe sottoposto gerarchicamente agli attuali funzionari del Corpo ma continuerebbe a dipendere gerarchicamente dal Direttore d’Istituto.

Il Direttore di Istituto rimarrebbe sovraordinato ad entrambe le classi di funzionari ed assicurerebbe l’equilibrio voluto dalla Costituzione.

Si precisa inoltre che il ddl non prevede  affatto che i funzionari giuridico-pedagogici, nei contatti con l’utenza, dovranno indossare la divisa all’interno degli Istituti penitenziari. Esso rinvia piuttosto ad un d.p.r. successivo l’individuazione delle modalità più opportune concernenti tale aspetto.

Altro che concezione della pena in senso contenitivo; la proposta mira piuttosto a dare contenuto risocializzante alla pena che   in particolare nell’ultimo decennio non ha.

Ribadiamo che le figure (i Funzionari G.P.  e gli attuali appartenenti al Corpo) rimarranno assolutamente diversificate nei compiti e gerarchicamente indipendenti, con la creazione di un ruolo tecnico non incardinato in logiche gerarchiche e di polizia. I funzionari in parola infatti svolgerebbero soltanto i compiti che svolgono adesso ma di certo in modo più proficuo, grazie al senso di comune appartenenza ed al reciproco riconoscimento dei ruoli che agevoleranno notevolmente la circolarità delle informazioni tratte dall’osservazione di ciascun operatore.

Si è  individuato un modello con posizioni paritarie e collaterali tra funzionari attuali del Corpo e funzionari tecnici del trattamento rieducativo, che agevoli processi dialogici in cui venga valorizzato il contributo di questi ultimi.

Altro che regressione verso modelli custodiali! 

Vogliamo anche  aggiungere che il fatto che centinaia e centinaia di fgp lancino questo allarme di squilibrio tra l’istanza di risocializzazione e quella di sicurezza dimostra una vocazione al trattamento che non potrà di certo appiattirsi verso posizioni custodiali sol perché si lavorerà, con il nuovo assetto, in maggiore sinergia con gli operatori di Polizia Penitenziaria, anch’essi coinvolti nelle attività di osservazione e trattamento (art. 5 L. 395/90). 

La nostra vocazione al trattamento, che ha solide basi nella nostra formazione  e nella profonda fedeltà al dettato costituzionale, sarà comunque supportata da disposizioni circolari che assicureranno la valorizzazione e, quindi l’organicità del nostro contributo.

La ratio ispiratrice della proposta  e l’impianto della stessa è in linea con il pensiero di centinaia e centinaia di addetti ai lavori che, vivendo quotidianamente le dinamiche penitenziarie  ed in particolare le relazioni interprofessionali, in una prospettiva pragmatica scevra da ideologia alcuna, hanno capito che l’unico strumento per dare avvio ad una svolta culturale nell’esecuzione penale intramuraria è la creazione all’interno del Corpo di un ruolo giustapposto di funzionari equi-ordinati agli attuali commissari, comunque autonomi dagli stessi e portatori dell’istanza di recupero sociale del reo.

Per la tutela dei principi della nostra Carta Fondamentale e di quelli sovranazionali in materia di espiazione della pena in carcere è assolutamente nefasto arroccarsi su aprioristiche posizioni di matrice ideologica che hanno scavato il baratro alla figura del funzionario giuridico-pedagogico (ex educatore penitenziario) e prodotto ostacoli insormontabili per il funzionale perseguimento della mission istituzionale.

Occorre appunto avere il coraggio di porre le basi per una funzionale svolta culturale nell’esecuzione penale intramuraria.

Il Vice Presidente A.N.F.T.
Ignazio Santoro

Il Presidente A.N.F.T.
Stefano Graffagnino